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La mia esperienza con lo Yoga

Ho iniziato a praticare yoga perchè avevo mal di schiena. Dopo innumerevoli iniezioni di cortisone, un giorno mi hanno parlato dei benefici dello yoga. Ero molto confusa sul significato di questa parola e lo associavo soprattutto al concetto di “stretching”, come una sorta di “ginnastica”. Non sapevo quasi nulla della dimensione più spirituale e la meditazione, dell’importanza della gestione del respiro e del respirare bene. Ho partecipato ad un seminario di yin yoga per iniziare ad approfondire la materia e casualmente avevo un forte torcicollo. Alla fine della pratica quel dolore si era notevolmente ridotto e il giorno dopo era sparito. Così ho deciso di iscrivermi ad un vero corso di yoga. Da quando ho iniziato in Sadhana il concetto di “ginnastica” ha lasciato finalmente il posto a quello di “disciplina”, anzi tante sfumature di una sola disciplina centrata sul respiro come risorsa naturale sempre a nostra disposizione per curare, fare del bene al nostro corpo. In quasi due anni di pratica, di cui uno in gravidanza, ho imparato una cosa fondamentale dalle mie maestre Cristina e Francesca: Ascoltare il mio corpo, usare il respiro come strumento che ne fa fluire l‘ossigeno in ogni sua parte portando nuova energia, sia fisicamente che mentalmente, riducendo lo stress perché allenta le tensioni muscolari, favorisce la concentrazione e libera la mente dagli ingorghi dei pensieri. Il nostro stile di vita fatto di fretta, competizione e perfezionismo fa fatica ad accettare concetti così semplici e antichi, bollandoli spesso come una nuova moda o peggio ancora come qualcosa di superficiale e inutile, semplicemente perché spesso non è concesso rallentare o accettare che in un determinato momento le cose non vadano secondo le aspettative. All’inizio infatti in ogni asana commettevo l’errore di entrare in competizione con me stessa cercando di arrivare subito alla posizione perfetta, giudicandomi (male, ovviamente) perché non ci riuscivo. E invece non è così che funziona. Riecheggiano sempre nella mia mente le parole di Cristina come un mantra: “non è importante toccare la punta delle dita, ma allungare la schiena durante l’espirazione” e ancora “non giudicarti, non giudicare il tuo corpo, arriva dove riesci senza pensare a raggiungere la perfezione”. E’ proprio l’ascolto del corpo uno degli obiettivi più grandi che sono riuscita con fatica a perseguire (e quanta strada c’è ancora da fare!) e in generale l’insegnamento più importante dello yoga. Durante la pratica, asana dopo asana, impariamo a superare i nostri limiti soprattutto mentali. Il respiro è appunto lo strumento che ci consente, attraverso l’espirazione, di lasciar andare. Rilassare il muscolo e allungarlo certo, ma lasciamo andare soprattutto i pregiudizi verso il nostro corpo (non l’ho mai fatto quindi non ci riuscirò mai), i pensieri che ci impediscono il rilassamento, le preoccupazioni e le emozioni della giornata che si accumulano generando tensione. Le posizioni di rilascio ci consentono di capire come e dove sta agendo la pratica, cosa ci ha fatto bene e interiorizzare quelle sensazioni positive. Il nostro corpo ci parla in continuazione, sia quando ci manda segnali di stanchezza e di dolore, sia quando stiamo apportando un beneficio e ci sentiamo bene. Ascoltarlo e fidarci ci consente, quando ci sentiamo pronti, di andare oltre e uscire dalla nostra zona di confort (un altro mantra di Cristina!) . LA GRAVIDANZA L’ascolto diventa fondamentale durante la gravidanza, periodo in cui il corpo di una donna attraversa il cambiamento per eccellenza, fisico e mentale. Si scatena una tempesta ormonale, fisicamente si avvertono innumerevoli segnali di stanchezza e anche sensazioni mai provate prima, dal sonno perenne alla fame eccessiva, alla commozione fino alle lacrime all’improvviso anche solo per aver calpestato una formica! Inoltre la mente lavora più di prima, con pensieri più o meno positivi, condizionati sicuramente dal contesto in cui viviamo: passiamo dalla gioia più pura e sincera per la nuova vita da accogliere fino alla paura di essere inadeguate come madri e di non essere all’altezza dei ruoli da ricoprire e soprattutto dei ritmi (essere multitasking a quanto pare non è un’opzione, ma un dovere). Come può aiutare in questo caso lo yoga? Tanto, tantissimo. Innanzi tutto, appunto, lasciando andare. Ad ogni espirazione non buttiamo fuori solo aria, ma anche le paure, le ansie, i pensieri. Rimanendo in ascolto durante le posizioni di rilascio, tutte le sensazioni e i benefici della pratica vengono amplificati e ci consentono di entrare maggiormente in contatto e in sintonia con la nuova creatura. Se vogliamo provare ad andare oltre, la gravidanza magari non è la situazione migliore in cui ci troviamo per “osare”, ma ricordiamoci che il corpo memorizza la pratica e una volta che saremo nuovamente in grado, possiamo riprendere da dove abbiamo cominciato! Gli asana in gravidanza sono mirati al controllo del pavimento pelvico e del perineo, alla zona lombare e addominale (mula bandha e uddiyana bandha, ma senza l’ombelico che a un certo punto scompare e riappare magicamente solo dopo il parto!) e poi loro… le anche! Avranno un ruolo fondamentale durante il parto, quindi via libera a tutto ciò che lavora sull’apertura delle anche. Durante la pratica in gravidanza, con Francesca, ho scoperto nuovi esercizi per il respiro e ho pensato spesso al momento del parto, se questa volta avrei sopportato meglio il dolore oppure no. Il primo infatti si è concluso con un cesareo e il travaglio è stato molo sofferente, non avevo dilatazione e ricordo soprattutto tanta tensione e stress perché ero molto stanca. Probabilmente invece di respirare correttamente e rilasciare i muscoli (e tutto il resto) durante l’espirazione mi irrigidivo ancora di più contraendomi. Ecco che questa volta, imparando ad ascoltare il mio corpo, stavo più attenta a “buttare fuori” tutti i pensieri compreso il dolore. E ha funzionato, davvero. Nonostante un secondo cesareo non programmato, questa volta il travaglio è stata un’esperienza completamente diversa. Non certo piacevole (questo sarebbe un miracolo che nemmeno lo yoga potrebbe compiere!) , ma decisamente più consapevole. E quando è nata la mia piccola, tra le tante e diverse emozioni del momento c’è stato il tempo di pensare “grazie Francesca”! In conclusione è questo che mi ha insegnato lo yoga: tolleranza, accoglienza, accettazione, consapevolezza. Accettazione di ciò che la Natura aveva e avrà in serbo per me, accoglienza del dolore perché parte integrante di ogni aspetto della vita. Le emozioni negative ci saranno sempre, non devo respingerle per forza come un nemico, ma accettarle e gestirle nel miglior modo possibile, consapevole dei miei limiti e tollerante verso me stessa, senza giudizio. Namastè.







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